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11 years ago
EVGHENIJ EVTUSENKOSono Gagarin, il figlio della terraIo sono Gagarin.Per primo ho volato,e voi volaste dopo di me.Sono stato donatoper sempre al cielo, dalla terra,come il figlio dell'umanità.In quell 'aprilei volti delle stelle, che gelavano senza carezze,coperte di muschio e di ruggine,si riscaldaronoper le lentiggini rossigne di Smolensksalite al cielo.Ma le lentiggini sono tramontate.Quanto mi è terribilenon restare che un bronzo, che un'ombra,non poter carezzare né l'erba, né un bambino,né far scricchiolare il cancelletto d'un giardino.Da sotto la nera cicatrice del timbro postalevi sorrido iocon il sorriso ch'è volato via.Ma osservate bene cartoline e francobollie capirete subito:per l'eternitàio sono in volo.Mi applaudivano le mani dell'intera umanità.La gloria tentava di sedurmi,ma no, non c'è riuscita.Sulla terra mi sono schiantato,quella che per primo ho visto tanto piccola,e la terra non me l'ha perdonata.Ma io perdono la terra,sono figlio suo, in spirito e carne,e per i secoli promettodi continuare il mio voloal di sopra al di sopra dei bombardamenti,delle tele-radiomenzogne,che la stringono con le loro volute,al di sopra delle donnaccole che baldanzosamenteballano lo streep-teaseper i soldati nel Viet Nam,al di sopra della tonsuradel frateche vorrebbe volare, ma è imbarazzato dalla sottana,al di sopra della censurache nella sua tonacaccia, inghiottì in Spagna le ali dei poeti...C'è chiè in volonel simun vorticoso di stelle.C'è chisi dibattenella palude da se stesso voluta.Uomini, o uominiingenui spacconi,pensate: non vi fa pauraalzarvi dal Capo che porta il nome dell'uomo che avete ucciso?Vergognatevi di questo baccano da mercato!Voi siete gelosi,rapaci,vendicativi.Come potete cadere tanto in basso se volate tanto in alto?!Io sono Gagarin, figlio della Terra,figlio dell'umanità:sono russo, greco e bulgaro,australiano e finlandese.Vi incarno tutticol mio slancio verso i cieli.Il mio nome è casuale,ma io non sono stato per caso.Mentre la terra s'insozzavadi vanità e di peccato,il mio nome cambiava,ma l'anima no.Mi chiamavano Icaro.Giacqui nella polvere, nella cenere.Mi aveva spinto verso il soleil buio della terra.La cera si sciolse, spargendosi qua e la'.Caddi senza salvezza,ma un pizzico di solerimase stretto nella mia mano.Mi chiamarono servo.La rabbia mi pesava sulla schienamentre, ritmando il tempo con le mani e coi piedi,danzavano sul mio corpo.Io caddi sotto le bastonate,ma, maledicendo la servitù,mi costruii delle ali coi bastonidei miei torturatori!Ad Odessa fui Utockin.Fece uno scarto il duca,quando al di sopra dei suoi pantaloncini a pifferosi levò un cavallo volante.Sotto il nome di Nesterovgirando sopra la terra,feci innamorare la lunacol mio giro della morte.La morte fischiava sulle ali.E' una virtù disprezzarlae con Gastello imberbemi gettai in volo sul nemico.E le ali temerarieardendo come un rogo, hanno protetto,voi che foste allora ragazzi,Aldrin, Collins, Armstrong.E, sicuro della speranzache gli uomini sono un'unica famiglia,dell'equipaggio di Apolloinvisibile io ero.Mangiammo dai tubetti,avremmo brindato in viaggiocome sull'Elba,ci abbracciammo sulla Galassia.Il lavoro procedeva senza scherzi.Era in gioco la vitae con lo stivale di Armstrongio scesi sulla Luna.